Hanno messo la macchina fotografica al collo, un taccuino tra le mani e sono andati tra le strade della Bolognina. Hanno scattato foto, incontrato persone, visitato luoghi, realizzato interviste.
Sono i ragazzi e le ragazze di Freewear academy, un percorso formativo di design e imprenditoria della moda che parte dall’identità della Bolognina. E che attraverso Summer school, laboratori e workshop intensivi, sta portando trentasette ragazzi di cinque istituti superiori a misurarsi con la realizzazione di una linea di abbigliamento streetwear inclusiva delle differenze. Si chiama B Switch. Noi siamo stati al loro quinto incontro, negli spazi del DLF.
Salendo le scale del Kinotto arriviamo nella sede dell’associazione Baumhaus, partner del progetto. Al centro un grande tavolo bianco. Sopra un metro da sarta, una squadra per modellistica, forbici, spilli e pennarelli. Su un lato un grande pannello, le ragazze stanno attaccando con le puntine i modellini e la cartella colori della linea. Poi si siedono intorno al tavolo. “In questa società è il vestito che fa l’identità perché tutti si sentono in dovere di seguire la moda per non sentirsi esclusi. Noi vogliamo invece che sia la persona a decidere come esprimersi. – spiegano le ragazze. – Ognuno deve poter essere ciò che vuole”.
La linea infatti è inclusiva, va oltre il concetto di genere, è trasformabile ma anche sostenibile. Tutto questo attraverso la progettazione di capi componibili.
Prima di arrivare alla definizione della palette colori e dei valori che attraversano la linea, i ragazzi hanno passeggiato per il quartiere, anche in alcuni dei luoghi più caratteristici della zona della Bolognina come l’ex sede dell’XM24, il mercato, la Trilogia Navile, scoprendo che “i cittadini sono molto aperti di mente. Ed è un quartiere tranquillo, contrariamente a quanto pensavamo non abitando qui”, raccontano.
Nel parco del DLF intanto il gruppo comunicazione sta realizzando uno shooting fotografico davanti ai murales. Ciascun ragazzo viene fotografato con un oggetto che ha portato da casa e che lo rappresenta. Libri, cd, abiti, macchina fotografica e perfino una palla di neve.
Freewear non è solo un percorso in vari step che simula l’intero processo produttivo di una linea di moda “di strada” guidato da professionisti di diversi settori (fashion design, tessile, culture urbane, design), ma anche un nuovo modello territoriale di formazione all’intraprendenza e all’imprenditorialità. I ragazzi sono divisi in gruppi e ciascuno si occupa di un diverso ambito.
Al laboratorio videomaking si stanno tirando fuori proposte per lo spot del brand. Un brainstorming per analizzare il prodotto e poi trasferire le idee in un video promo di lancio. Le appuntano su un grande cartellone bianco: animazioni grafiche con cartoni animati, utilizzo di metafore, due metà che formano una persona e molte altre. Il gruppo eventi sta progettando gli appuntamenti a tema street che rientreranno nella campagna di crowdfunding e l’evento conclusivo di tutto il percorso.
Il progetto, che si focalizza sulla moda giovanile come canale di espressione delle nuove generazioni, vuole valorizzare anche le differenze culturali e di genere dei partecipanti, soprattutto di coloro che vivono in contesti sociali più vulnerabili, per la realizzazione di un prodotto che sia occasione di sviluppo territoriale e personale.
“Vorremmo creare una squadra che vada avanti anche dopo la fine del percorso – spiega Baumhaus.- Mettendo al centro due parole chiave: protagonismo e responsabilizzazione”