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Quartiere Navile

Offside Pescarola. Intervista ad Alessandro Blasi

Foto di Margherita Caprilli per Fondazione Innovazione Urbana

“Non siamo un semplice bar. Abbiamo un forte senso civico e sociale”

Alessandro Blasi è il vice presidente di Idee In Movimento, cooperativa che gestisce, insieme a Arci Mondo, Offside Pescarola, all’interno del Circolo bolognese bocciofila centrale. Non solo un bar quindi, ma un progetto sociale che si è messo al servizio del quartiere attraverso attività di inclusione e promozione dello sport e alla collaborazione con diverse realtà.

Maglione comodo, camminata svelta e occhi vivaci.

Ci sediamo ad un tavolino, a fianco a noi un gruppo di ragazzi. Li saluta, conosce tutti. Gli chiedo quali sono i principi. “Solidarietà, integrazione, cibo etico e sport popolare. E siamo aperti alle attività che il territorio e altre realtà ci propongono”.

Ci alziamo, mi accompagna a vedere il complesso del Circolo e del centro sportivo Pizzoli. Passiamo davanti ad una tensostruttura per gli eventi, alla Palestra Pizzoli che sarà oggetto di ristrutturazione e al centro sportivo gestito dalla Polisportiva Lame. Poi attraversiamo la strada e mi porta in via Agucchi.

La percorriamo costeggiando blocchi e blocchi di case popolari, fin quasi in fondo. Si intravede la tangenziale e l’aeroporto. Poi più nulla. “Qui -mi dice- finisce tutto”.

Cos’è Offside Pescarola?

“Siamo una piccola cooperativa sociale che, in accordo con il Circolo bolognese bocciofila centrale, ha preso insieme ad Arci Mondo il ramo d’azienda che gestisce bar e ristorazione. Abbiamo fatto una scommessa. Siamo innanzitutto un progetto sociale volto all’inclusione, all’aggregazione e alla partecipazione attiva”.

Avete fatto scelte ben precise.

“Sì abbiamo fatto una scelta etica sul cibo: prodotti equo solidali, km zero, prodotti da coop sociali e aziende che rispettano i lavoratori, ad esempio i nostri salumi arrivano da due aziende terremotate delle Marche. Organizziamo anche attività di sensibilizzazione ed educazione al consumo critico. Crediamo fortemente nel valore sociale dello sport come diritto all’educazione allo sport e al gioco per chi non ha possibilità, ma anche come scambio e lotta alle discriminazioni. Inoltre collaboriamo con diverse realtà, come Yabasta Bologna, Arci Bologna, la Polisportiva HSL ad esempio, che si occupano di inclusione sociale e/o di promozione dello sport”.

Quali attività vengono organizzate?

“Dal laboratorio di Hip Hop alla scuola di calcio per ragazzi dagli 8 ai 12 anni che altrimenti non avrebbero possibilità, e noi diamo pane e cioccolata ai ragazzini che hanno giocato. Ci sono le squadre di rugby sia maschili che che femminili e un corso di boxe under18. Si sono svolti corsi di cucina e un laboratorio di pasta fresca per donne migranti con servizio di baby sitter per far giocare nel frattempo i bambini, solo per fare alcuni esempi” .

All’interno di Offside si inseriscono attività che sono state finanziate dall’Unione Europea attraverso i fondi PON, nell’ambito del programma operativo Città Metropolitane 2014-2020. Cosa è stato possibile grazie a questi fondi?

“Innanzitutto la prima squadra di calcio. La polisportiva HSL, realtà che da anni fa attività di educazione e diritto allo sport per i ragazzini del quartiere che non hanno risorse economiche, è riuscita a fare la squadra esordienti totalmente finanziata e permette ad oltre 15 ragazzini di fare attività sportiva gratuitamente. Ha reso poi possibile altre attività come i laboratori di cucina promossi da Arci o di pizzeria, che faremo nei prossimi mesi, e tutta una serie di eventi e feste nel quartiere. Il PON funziona però se c’è un forte tessuto associativo e se ci sono ogni giorno persone che lottano per rendere il quartiere un posto migliore. Questo significa fare servizi sociali ma anche battaglie per migliorare le condizioni di vita sul territorio, come l’aeroporto”.

Quali sono le criticità del quartiere?

È da diverso tempo che passo qui la maggior parte delle mie giornate e serate. Sicuramente c’è il tema della periferia in senso largo che incide. Qui vivono i ceti con reddito più basso e si vive meno rispetto ai colli a causa di fattori ambientali, in media tre anni in meno, lo dicono le statistiche. Non riguarda solo la Pescarola ma tutto il Navile, Lame e Bolognina. C’è l’aeroporto che incide tantissimo e forse era la prima cosa da dire sulle criticità. In estate si sta con le finestre chiuse, volevamo fare il cinema all’aperto d’estate ma dovremmo fare le proiezioni sotto titolate. Sembra una stupidaggine ma anche cose semplici non si possono fare. Poi ci sono pochi mezzi pubblici, dopo mezzanotte non c’è nulla, nel transito del nuovo tram non è segnata la Pescarola, mentre è in quello del People Mover, che non serve ai cittadini”.

C’è davvero una divisione tra Cubo e Pizzoli?

“C’è un po’ una divisione di zone, in termini di composizione e di reddito, ma in termini di servizi e di aeroporto sono uguali, le problematiche sono comuni”.

Cosa funziona invece?

“Anche se c’è meno rispetto ad altre zone qui c’è un forte tessuto associativo e questo bisogna dirlo. Il Pon è un’opportunità ma c’è anche la capacità delle realtà del territorio che sanno farlo diventare un’opportunità. Esiste un buon tessuto associazionistico di realtà che già prima avevano deciso e scelto di venire a lavorare qui”.

Un esempio?

“Come accennavo prima la Polisportiva HLS che cinque anni fa ha fatto qui la sua squadra di calcio e poi quella dei ragazzini. Oggi nessuno penserebbe di tornare indietro, ma cinque anni fa non era così scontato venire nell’ultimo campo sportivo abbandonato a fare una squadra di calcio”.

Dove si ritrovano i ragazzi? Basta quello che c’è?

“In estate il centro sportivo Pizzoli è molto frequentato, ma mancano posti chiusi. C’è la palestra Pizzoli che sarà ristrutturata e piazza Pizzoli, i cui lavori dovevano finire entro la fine dell’anno ma ancora non sono nemmeno partiti. Mancano le cose da fare, anche se ultimamente le cose iniziano a muoversi grazie alla presenza del tessuto associativo. Ci vuole tempo come per tutte le cose”.

Perché avete scelto il nome Offside? 

“Significa fuori gioco, oltre la linea degli avversari. L’abbiamo scelto per la forte connotazione sportiva, ma anche perché siamo in una zona decentrata. E per il voler andare oltre la grande distribuzione come scelta”.