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Scuola di Azioni Collettive

Scuola di Azioni Collettive, la formazione pubblica. Intervista a Marianella Sclavi

Continua la formazione pubblica della Scuola di Azioni Collettive con il terzo appuntamento “Ascolto attivo e gestione creativa dei conflitti” della docente Marianella Sclavi, in programma martedì 22 giugno dalle 15 alle 17 al Centro Sociale Giorgio Costa (via Azzo Gardino 44)

Per partecipare è necessario iscriversi compilando questo modulo.

Etnografa urbana, attivista e accademica italiana. Marianella Sclavi è pioniera in Italia delle teorie e tecniche dell’Ascolto Attivo, della Gestione Creativa dei conflitti, della Facilitazione e Progettazione partecipata.

L’abbiamo raggiunta per farle qualche domanda in vista dell’incontro.

Che cosa si intende per ascolto attivo?

L’ascolto attivo nella modernità identifica le proprie radici nell’ascolto proattivo, ovvero in una formulazione data da Kurt Lewin, Carl Rogers e da altri grandi psicologi sociali nel secolo scorso. É la dinamica fondamentale di base per trasformare la diversità in risorse e per la convivenza in una società complessa, ovvero in una civiltà in continua trasformazione composta da soggetti che operano sulla base di premesse implicite divergenti, che sono interrelate tra di loro e che quindi non possono ignorarsi. 

Questo strumento rappresenta un capovolgimento di una modalità di ascolto e di gestione della diversità e dei conflitti tipica della società moderna, che consiste nel trattamento delle diversità attraverso la loro riduzione a percentuali e a schieramenti.

Nella società complessa attuale questo metodo non funziona più o funziona raramente. Il nuovo funzionamento adatto alla società complessa di oggi è basato sull’ascolto attivo: al posto di reagire con una postura difensiva/ aggressiva quando si presenta una diversità o un conflitto, ci si apre e si cerca di comprendere tutte le ragioni di coloro che la pensano in modo diverso.

Nelle organizzazioni questo ruolo è svolto internamente oppure c’è bisogno di un esperto esterno che faciliti questo genere di processi?

È come imparare la musica: anche per ascoltarla bisogna avere un po’ di cultura musicale. Tutti, quindi, devono poter capire di che cosa si tratta, anche se magari non sanno suonare bene uno strumento musicale. Dei campi di allenamento dove uno capisce meglio queste dinamiche sono l’umorismo e la buona comunicazione interculturale. Sono delle situazioni in cui sono chiaramente presenti  delle premesse implicite divergenti tra loro e, in entrambi i casi, questa divergenza viene trasformata in una risorsa. In un’ottica costruttivista le dinamiche dell’humor e della buona comunicazione interculturale sono portatrici di una doppia illuminazione che serve anche e soprattutto nella comunicazione della nostra vita quotidiana. Per ottenere una convivenza ricca, quindi, è utile che questo entri nella epistemologia della quotidianità e che sia applicato a qualsiasi contesto.

Durante una riunione tutti i partecipanti devono sapere che la logica istituzionale dell’incontro, della discussione, della decisione è una logica complessa, che richiede i momenti di ascolto attivo e coprogettazione. Ci vuole una consapevolezza di queste regole e un’autorevolezza rispetto ad esse: ciò è la condizione per far funzionare nel tempo la loro capacità d’iniziativa.

Per essere inclusivi bisogna sapere che più hai delle persone portatrici di punti di vista divergenti meglio è. Sono iniziative in cui sono benvenuti gli antipatici, purché rispettino anche loro le regole dell’ascolto attivo. Questa dinamica è anche la modalità di base della nuova assemblea del ventunesimo secolo , una assemblea che funziona nella società attuale.

Quali sono le premesse di un processo di ascolto attivo?

Se vuoi capire quello che laltro sta dicendo devi assumere che ha ragione. È una dinamica che appare paradossale alle nostre abitudini radicate nella società, una dinamica dell’A e NON A entrambi veri, un’uscita da una linearità razionale per accogliere una comunicazione in cui il paradosso ha un ruolo fondamentale. Ciò significa che che se cerco di capire il tuo punto di vista non per forza sto negando il mio. 

Ognuno di noi si deve percepire come portatore di punti di vista che sono legittimi, ma pur sempre parziali, perché per capire il problema nella sua completezza si ha bisogno di altri pareri e conoscenze.

Noi siamo abituati a cercare di capire una visione divergente dalla nostra, per poi essere in grado di spiegare meglio che ha torto, l’ascolto attivo rappresenta una dinamica trasformativa molto diversa, basata sull’assumere che ha ragione. Solo operando in questo modo si può passare dallIo al Noi, ovvero si può effettuare un passaggio verso un soggetto collettivo e un passaggio dal problem solving al problem setting. Ovvero ridefinire il problema da cui si parte. Da qui si possono iniziare ad esplorare mondi possibili e riscoprire delle idee che permettono di costruire una co-progettazione più adeguata ad una situazione complessa e poliedrica.

Di fronte alle grandi sfide che ha di fronte la democrazia l’ascolto attivo in che forma è uno strumento per migliorarne la qualità? 

Uno dei motivi che sta alla base della crisi dei partiti è che all’interno di essi si trovano  coloro “che contano” maggiormente e altri che contano meno nelle decisioni. Non esiste una sistematica apertura delle scelte. Quello che deve succedere nella società complessa è che si deve dare spazio ad un’intelligenza plurale basata sul diritto non solo di essere ascoltati, ma anche di moltiplicare le opzioni prima di decidere.  

La democrazia deliberativa è una tecnica precisa tanto quanto la democrazia parlamentare. Se quella deliberativa fallisce si può ricorrere allo strumento della maggioranza. Gli strumenti vecchi non vengono cestinati, ma devono essere preceduti da una reale espansione di capacità di comunicazione e dialogo. Quindi, una rivoluzione antropologica e culturale.

L’idea della democrazia del diciannovesimo secolo, ovvero quella dove ogni cittadino è un entità autoctona deve essere superata. Come scriveva Victor Hugo “la libertà inizia dove finisce l’ignoranza”: assumiamo, quindi, che noi tutti siamo ignoranti. Il “so di non sapere” della saggezza antica è l’atteggiamento corretto, ognuno di noi di fronte ai problemi sociali ha una visione limitata che è utile ma solo se insieme ad altre. La concezione della democrazia deliberativa è che il soggetto alla base di essa è un soggetto dialogico che ha bisogno di parlare con gli altri per poter capire sé stesso e il mondo che lo circonda. Ciò è un pezzo fondamentale di ripensamento della democrazia che ha, appunto, come base, l’ascolto attivo. 

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