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Così sarà! La città che vogliamo

Amore in Mostra. Intervista a Isabella Sofia di Eduxo e Daniele e Mauro de il Cassero LGBTI+ Center – Gender Bender Festival

“Volevamo raccontare e dare voce alla visione dell’amore, dell’affettività e della sessualità dei giovanissimi”. Isabella Sofia De Gregorio di Eduxo Italia APS non ha dubbi: Sicuramente su questi temi Bologna è molto più avanti di altre città, ma si può sempre migliorare”.

Partendo da queste premesse l’Associazione di Promozione Sociale Eduxo, di cui l’età media è di ragazzi e ragazze tra i 18 e i 25 anni, ha dato vita ad un Festival artistico-culturale di dieci giorni utilizzando più linguaggi (digitale, artistico, figurativo etc) e aprendo un dialogo partendo proprio dall’ascolto delle voci e dalle domande di ragazzi e ragazze delle nuove generazioni.

Il progetto si chiama Amore in Mostra ed è una delle sei idee selezionate attraverso il Concorso di idee di Così Sarà, una call pubblica rivolta a ragazze e ragazzi tra gli 11 e i 25 anni a cui sono state chieste delle idee creative per immaginare la città del futuro.

Il progetto è sostenuto parzialmente dalla premialità del bando di 2500€ ed è stato finanziato anche da Incredy e StudioAnd, sponsors del progetto.  Inoltre, Amore in Mostra ha ricevuto supporto da una delle sei realtà teatrali che fanno parte di Così Sarà. Ad accompagnare ed affiancare l’associazione è stato il Cassero LGBTI+ Center – Gender Bender Festival, un’associazione e un festival che fanno attivismo culturale a livello nazionale e internazionale.

Foto di Margherita Caprilli per Fondazione Innovazione Urbana

Isabella Sofia, ci racconti l’idea?

“L’idea era quella di raccontare la visione dell’amore, dell’affettività e della sessualità dei giovanissimi dai 5 ai 21 anni. Abbiamo quindi indetto un concorso artistico (ART4LOVE) a cui hanno partecipato 70 bambini, bambine, ragazzi e ragazze da nord a sud Italia. La Giuria, composta da artisti ed esperti del settore ha premiato 25 di loro e da quelle opere d’arte sono emerse tematiche centrali per l’educazione all’affettività e alla sessualità oggi: dalla visione del proprio corpo alla mancanza di contatto, passando per il digitale, il Covid-19 e il Pride! Abbiamo allestito una mostra immersiva e ad ogni giornata di Amore in Mostra Festival abbiamo assegnato un’opera d’arte e dato un titolo con il tema portante di quel giorno offrendo a tutte le fasce di età la possibilità di approfondire quell’argomento attraverso attività organizzate da Eduxo ma anche coinvolgendo partners e ospiti, organizzando attività con metodologie differenti: dai workshop alle conferenze, come anche tavole rotonde e laboratori. Il festival è stato interamente online, ad eccezione della conferenza stampa e dell’evento di chiusura, che si sono svolti presso il Teatro Arena del Sole”.

Cos’è Eduxo Italia e di cosa si occupa?

“Eduxo nasce da un’Assemblea di Istituto del Liceo Laura Bassi del 14 febbraio 2020 sulle tematiche dell’educazione all’affettività e alla sessualità. Io, Sara Fantappiè (Vicepresidente) e Stella Guizzardi, eravamo rappresentanti di Istituto e abbiamo trasformato una giornata commerciale in un evento di sensibilizzazione. Abbiamo ricevuto degli attacchi esterni (“Dittatura gender del pensiero unico!”) ma da quell’esperienza, dal supporto della scuola e poi giunto da tutt’Italia, abbiamo anche capito che era necessario portare nelle scuole queste tematiche in modo più istituzionale e completo. Da qui la volontà di scrivere un disegno di legge per introdurre un programma nazionale di educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole e la costituzione di un’associazione che condividesse questi valori, chiamando esperti ed esperte da tutta Italia online durante il periodo del lockdown. Eduxo porta avanti molte altre cause sulle tematiche dei diritti umani, dell’attualità, dell’ambiente etc, con delle campagne ad hoc e in generale si occupa di fare informazione e formazione online e dal vivo secondo un approccio olistico ed interdisciplinare, che è ciò che ci caratterizza. Il termine Eduxo deriva da educere, tirare fuori: l’obiettivo è quello di tirare fuori dalle persone e permettere loro di sviluppare il proprio pensiero critico, cercando di spingere i giovani ad interessarsi e a considerarsi cittadini impegnati per la società”.

Cosa è emerso dal festival?

“Molte persone hanno avuto modo di conoscerci attraverso il Festival. Abbiamo avuto settanta nuovi associati, segno che evidentemente mancava un’associazione che si proponesse questi obiettivi nel nostro territorio. Altro aspetto emerso è che l’affettività e la sessualità sono temi che riguardano tutti, i più piccoli ma anche gli adulti, la scuola, la Regione, il Comune, l’Istruzione nazionale, i cittadini, i genitori etc. Inoltre, è stata l’occasione per ampliare la rete e conoscere nuove realtà e persone che condividono i nostri stessi valori. È stato difficile invece coinvolgere i più piccoli, sicuramente anche a causa dello strumento online e forse perché ancora da parte di molti genitori c’è il tabù di parlare di questi argomenti. Su questo ci impegneremo per migliorare!”.

Quali sono gli aspetti su cui c’è bisogno di sensibilizzare maggiormente?

I genitori e gli adulti a volte sono in difficoltà nel parlare di questi temi perché loro stessi spesso non hanno avuto un’educazione in merito. Le domande, quindi, sono arrivate dai giovani ma anche e soprattutto degli adulti. Un altro tema è quello legato alla non informazione o alla disinformazione, come anche all’utilizzo del digitale per fare informazione. Bisogna avvicinare le nuove generazioni facendo capire loro che non sono aspetti da lasciare da parte. E anche la Politica deve fare la sua parte, non possiamo più aspettare”

Come vedete Bologna da questo punto di vista? Com’è la città che volete?

“Sicuramente Bologna è molto più avanti di altre città, ma si può sempre migliorare. Bisogna avere una città aperta, inclusiva e vicina alle nuove generazioni. Vedo la Bologna del futuro come una città gestita e organizzata da persone più giovani e a cui stanno a cuore gli obiettivi dell’Agenda 2030. Vediamo Bologna come una città accogliente ma soprattutto senza pregiudizi”.

C’è qualche storia in particolare che vi ha colpito?

“Ci è arrivata un’opera d’arte che ritrae due persone con la mascherina. Nella descrizione c’era scritto che è la rappresentazione “di un bambino e di una mamma che ha vissuto un grande male. La mamma è morta di Covid e il bambino è molto triste”. Una rappresentazione dell’amore familiare, che quest’anno ha subito indubbiamente un cambiamento netto. Un’altra storia è quella di una ragazza che sta facendo un master in sessuologia. Ci ha detto che è voluta diventare volontaria perché stiamo offrendo una grande opportunità di approfondimento e informazione, che spesso non è presente nemmeno in ambito accademico”.

Foto di Margherita Caprilli per Fondazione Innovazione Urbana

Accanto ad Isabella Sofia ci sono Daniele del Pozzo e Mauro Meneghelli, tutor del progetto per Il Cassero LGBTI+ Center – Gender Bender

Daniele, qual è il valore di questo progetto?

“Ci ha colpiti il fatto che nell’immaginarsi una città nuova e desiderata dalle nuove generazioni, Eduxo avesse messo al centro l’affettività, la sessualità, la formazione su questi temi, un principio del piacere e una necessità anche di farsi carico di un bisogno inespresso. Andava a dichiarare che c’era bisogno di coprire un desiderio delle nuove generazioni e di farsi carico in prima persona di ciò che non veniva fatto e portato avanti dalla società e dalla politica. Gli abbiamo riconosciuto un valore di schiettezza, di coraggio e di assunzione di responsabilità su un tema delicato e scomodo. Un tema che però è fondante nella costruzione di un nuovo tipo di comunità e questo è un dato innegabile. Un’educazione alla sessualità e all’affettività comporta una trasformazione nelle abitudini con cui diventiamo cittadini e cittadine, riequilibra la discrepanza tra i generi, dà ascolto alla necessità di accogliere le differenze, dà forma all’idea di stemperare tensioni e conflitti anche in termini di violenza. Quindi ci sembrava coniugasse un forte senso politico inteso come polis e un’azione di intervento culturale radicale. Ci siamo molto riconosciuti in un lavoro che le nuove generazioni stanno portando avanti in una città che ha dato ottime prove ma che potrebbe ancora fare di meglio. Ci sembrava anche un esempio a livello nazionale molto interessante, che nasce da Bologna e che continua quell’esempio di buone pratiche che la città ha messo in campo facendo anche un passaggio di consegna generazionale da una generazione all’altra”.

Mauro, come li avete affiancati?

“Li abbiamo affiancati in un periodo storico peculiare. Avevamo valutato a monte delle idee e delle attività in presenza e le abbiamo dovuto rivedere online. In quel passaggio ci siamo più volte confrontati sul riuscire a mantenere un’operatività e su come non compromettere l’effettiva riuscita degli appuntamenti. Presa questa decisione c’è stato un supporto comunicativo e di scambio continuo. Un valore sostanziale del progetto è il fatto che a parlare ai giovani fossero proprio dei giovani e delle giovani. Come tutor non siamo voluti entrare nelle scelte artistiche, di curatela e anche politiche degli appuntamenti, perché ci sembravano di maggior valore quelle portate avanti direttamente dall’organizzazione. Li abbiamo supportati senza essere interventisti. Ci siamo trovati di fronte un gruppo di lavoro di persone molto capaci e con molta voglia di fare. Ci è sembrato quindi giusto premiare questo protagonismo senza mettere di mezzo altre visioni ma potenziando quelle che già c’erano”

Intervista di Silvia Santachiara