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Così sarà! La città che vogliamo

Altre Velocità e il laboratorio di giornalismo culturale e narrazione transmediale. L’intervista ad Alex, Marzio e Ilaria

Sulla porta c’è un grande cartello bianco scritto a pennarello:

“Deliri astratti di metodologia di pianificazione editoriale”.

Dentro venti sedie colorate disposte in un grande cerchio.

“Questo è uno spazio in cui ci si può prendere un lusso: il tempo per sperimentare e immaginare, per fare qualcosa di diverso”

Alex Giuzio, Marzio Badalì e Ilaria Cecchinato sono i tre ragazzi di Altre Velocità che conducono il laboratorio di giornalismo culturale e narrazione transmediale, all’interno di Così Sarà! La città che vogliamo. Insieme ai 18 ragazzi selezionati realizzeranno molto più di un diario di bordo del progetto.

Se il giornalismo tradizionale non basta più, servono nuove strade. “Non avremo solo una funzione di racconto ma anche di riflessione critica su quello che accade dentro e fuori dal progetto. E sperimenteremo nuovi modi di fare giornalismo culturale e critica in un ambito che secondo noi è molto blindato e che invece richiede nuove forme di racconto e di fruizione”.

In modo trasversale si interrogheranno anche su come parlare ai loro coetanei per creare una nuova comunità. Gli chiedo se i ragazzi tra i 20 e i 30 anni vanno a teatro.

Si guardano, Marzio sorride. “Oggi siamo nel linguaggio di Google Maps, non ci si perde più nemmeno per strada, non si corre nemmeno più quel rischio lì, figuriamoci quello di perdere tempo per andare a vedere una cosa a scatola chiusa e che è un’incognita”.

Vi definite una redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee. Raccontateci chi siete.

“Il gruppo è nato nel 2005 e oggi siamo in dieci, tra giornalisti, ricercatori, critici, studiosi, drammaturghi. In comune abbiamo la passione per il teatro. Noi tre non siamo tra i fondatori, siamo arrivati dopo in momenti diversi. Abbiamo partecipato a laboratori di Altre Velocità e poi siamo saliti a bordo. Il gruppo ha sempre avuto due vocazioni. Da una parte quella di essere una redazione intermittente, che va nei festival di tutta Italia per raccontare e produrre articoli di taglio critico nei settori del teatro e della danza contemporanea di ricerca. Abbiamo un sito che si occupa di critica teatrale con un archivio ormai di migliaia di articoli che raccontano gli ultimi quindici anni di teatro. L’altro ambito è quello dell’educazione allo sguardo e la formazione del pubblico”.

Tra i vostri obiettivi quindi anche quello di creare uno spettatore critico e partecipe dell’innovazione. Quali strumenti fornite?

“Abbiamo sempre fatto incontri con spettatori adulti ma andiamo soprattutto nelle scuole, in particolare Istituti superiori ma anche Scuole medie. Ci siamo inventati un vero e proprio metodo. Il progetto si chiama “crescere spettatori” e consiste in un incontro di due ore con i ragazzi in cui li prepariamo alla visione dello spettacolo ma anche al senso del teatro, poi li accompagniamo a vedere lo spettacolo a cui segue un altro incontro di due ore in cui si discute di ciò che si è visto, li si fa scrivere. Ci teniamo a farlo in orario curriculare perché l’esperienza del teatro non deve essere quel trauma che molti di noi si ricordano. La nostra sfida è farli appassionare al teatro”.

Perché ce n’era bisogno? C’è un altro progetto analogo in Italia?

“Sì, ci sono alcuni progetti simili (pensiamo ad Acrobazie critiche di Stratagemmi a Milano, ai laboratori nelle scuole di Teatro e critica e alla Casa dello spettatore a Roma, la Scuola di platea di Amat Marche). Progetti di didattica della visione ed educazione teatrale nati in anni passati, grazie al magistero di Giorgio Testa e altri, hanno poi avuto anche spazio a livello ministeriale, si sono diffusi nelle pratiche di alcuni operatori teatrali e sono tuttora attivi, anche se purtroppo il sistema attuale rende faticoso operare in modo sistemico e sono rare le occasioni di trasmissione e condivisione. In ogni caso il percorso di Altre Velocità, buono o cattivo che sia, nasce in modo autonomo incrociando critica ed educazione, e provando certo a dialogare e incontrare altre esperienze. Solitamente è il docente che porta i ragazzi a vedere uno spettacolo, non c’è una preparazione e viene spesso vissuto come una costrizione. Arrivano lì senza avere gli strumenti. Si ritrovano in una sala, sono spesso distratti e finisce lì. In questo modo si allontanano i ragazzi dal teatro e al massimo viene relegata ad un’attività pratica extrascolastica, che è altra cosa. I docenti sono entusiasti quando proponiamo il progetto e sono loro stessi, spesso, a parlarne con i colleghi”.

Cercate quindi in qualche modo di educare allo sguardo gli adulti del domani?

“Si, o quantomeno di dargli lo strumento del teatro per leggere il mondo, per fare quell’esperienza che è propria di questa forma d’arte. C’è la presenza fisica dell’attore e una comunità che si crea intorno al teatro. La questione non è dare una chiave di lettura, ma evitare di chiudersi in un’unica chiave di lettura e dare la possibilità di poter leggere il mondo da diverse prospettive”.

Una domanda provocatoria… Che tipo di lavoro fa il teatro sui giovani? A cosa serve?

“C’è il teatro che è puro intrattenimento e c’è un altro tipo di teatro. Se esci da uno spettacolo con una domanda, il teatro ha raggiunto il suo scopo, soprattutto con i giovani. Ancora oggi il teatro viene visto come un’Istituzione, un posto in cui bisogna andare vestiti in un certo modo e stare in silenzio. C’è una sorta di sacralità in negativo perché è un luogo respingente soprattutto per i ragazzi e invece bisogna iniziare a sentirlo un po’ più casa, deve parlare ad una comunità, essere più accogliente e inclusivo. E poi deve essere un teatro che riabitui alla sorpresa, alla meraviglia. Bisogna ritrovare il coraggio di andare a teatro a scatola chiusa e non ne siamo abituati. Oggi siamo nel linguaggio di Google Maps, non si corre più il rischio di sbagliare strada, e nemmeno quello di perdere tempo a vedere una cosa che è un’incognita”.

All’interno di “Così Sarà! la città che vogliamo” farete realizzare a 18 ragazzi un diario di bordo del progetto…

“Il percorso si dipana attraverso due vie principali. Da una parte il laboratorio di giornalismo culturale e narrazione transmediale che durerà fino a dicembre 2020 e realizzerà questo diario di bordo, ma ci consideriamo una redazione permanente quindi non avremo solo una funzione di racconto ma anche di riflessione critica su quello che accade dentro e fuori dal progetto, nell’area urbana bolognese. Usciremo dalla redazione per vedere ciò che accade e gli incontri saranno organizzati in vari luoghi della città. La decentralizzazione l’abbiamo sposata appieno e probabilmente ci sposteremo in diversi quartieri. Lo consideriamo un percorso formativo a tutti gli effetti e organizzeremo anche incontri per fornire strumenti e basi per riflettere e sperimentare su vari formati. Ci saranno poi anche appuntamenti aperti a tutta la cittadinanza che saranno approfondimenti tematici legati alle istanze di Così Sarà!”.

Avete lanciato una call. Quanti ragazzi hanno fatto domanda per partecipare al progetto?

“Hanno fatto domanda in 58 e abbiamo selezionati 18 ragazzi tra i 20 e i 30 anni (16 ragazze e due ragazzi). C’eravamo dati un limite di 10 ma c’erano molti profili interessanti. Hanno mandato curriculum, lettera motivazionale e due pezzi scritti. L’idea è sperimentare nuovi modi di fare giornalismo culturale e critica in un ambito che secondo noi è molto blindato e che invece richiede nuove forme di racconto e di fruizione”.

Verranno sperimentati nuovi modi di fare giornalismo. Il giornalismo tradizionale non è più la strada?

“Si, proveremo a fare qualche forma di avanguardia in questo settore. Lavoreremo con loro e non sappiamo ancora cosa emergerà. I primi due mesi saranno frontali e ci saranno figure professionali che si occuperanno dei vari ambiti: radio e podcast, immagine e video, graphic journalism e critica. Gli daremo un’infarinatura su tutti i modi in cui è possibile fare giornalismo, poi ognuno troverà la sua attitudine e produrranno racconti attraverso vari strumenti. In modo trasversale porremo una domanda su cui interrogarsi: come parlare anche ai loro coetanei per creare una nuova comunità. Sta cambiando il modo di fruire, le forme tradizionali non sono più sufficienti. Ci domanderemo quindi che forma trovare per raggiungere questa fascia d’età”.

Avete in programma anche un incontro pubblico dedicato alla radio, che parte da un innovativo documentario del passato per trovare nuove strade per il podcast. La radio non è sorpassata quindi?

“No anzi, è uno dei metodi più adatti. Abbiamo sempre fatto trasmissioni radiofoniche in piazza nei festival ed è uno strumento su cui ci siamo sempre interrogati. Il podcast ha una diffusione sempre maggiore e la radio in generale, se si guarda la sua storia, si è adattata a qualsiasi cambiamento e la si può ascoltare mentre si fa altro. Poi ha delle forti potenzialità da un punto di vista relazionale: la scrittura sonora ha la possibilità di far immaginare. Sta a metà strada tra cronaca e finzione, può intrattenere, spiegare, raccontare, trasmettere pensiero critico. Ci sono spettacoli diventati radiodrammi e viceversa”.

Come si lega il vostro progetto alle altre progettualità di Così sarà!?

“E’ trasversale e si lega sia nel racconto che nei temi. Ciò che verrà affrontato dagli altri partner confluirà come riflessione all’interno della nostra redazione. Lasceremo una traccia di pensiero su quanto accade e crediamo sia importante, mettendo sul tavolo riflessioni, domande, criticità. E’ più di un diario di bordo”.

Dove li porterà questo progetto? Quali competenze acquisiranno? C’è la possibilità dell’avvio di un percorso professionale?

“L’anno scorso un ragazzo ha aperto una web radio, altri due sono rimasti con noi e oggi collaborano. Non pensiamo tanto di aprire sbocchi professionali ma piuttosto di portare certe competenze e approcci, per far sì che se poi i ragazzi dovessero capire che questa è la loro strada continuino a sperimentare. Offriamo un tempo in cui si è al sicuro e ci si può dedicare al pensiero, affinando il pensiero critico e lo sguardo. Cerchiamo di affinarlo anche noi stessi attraverso il confronto con loro”.

L’intento di Altre Velocità, è quello di seminare.

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