Un percorso di indagine attraverso video interviste a persone di diverse età, che porterà la nostra immaginazione verso la società del futuro. Ma non solo, anche uno spettacolo teatrale sui temi dell’ambiente e dello spazio ed un evento di comunità, in cui i bambini saranno i protagonisti e gli artefici di un domani più sostenibile.
Il progetto si chiama In questo pianeta, la nostra città del futuro e a proporlo è stata Deina Palmas, 11 anni, studentessa della Scuola Media Gandino.
È una delle sei idee selezionate attraverso il Concorso di idee di Così Sarà, una call pubblica rivolta a ragazze e ragazzi tra gli 11 e i 25 anni a cui sono state chieste delle idee creative per immaginare la città del futuro.
Incontro Deina al Teatro Arena del Sole. Ci sediamo intorno ad un grande tavolo e le chiedo come si sente ad essere stata l’unica selezionata ad aver presentato un progetto da sola. Mi guarda con aria interrogativa, poi sorride: “come dovrei sentirmi?”. Ha gli occhi vivaci, il sorriso delicato e una fortissima passione per lo spazio. “Una delle persone che ho intervistato mi ha detto che, secondo lui, non ha senso andare su Marte perché abbiamo già molte cose a cui pensare sulla terra. Mi ha colpito molto”.
Il progetto è sostenuto, come le altre idee selezionate, da un budget di 2.500 € e da una delle sei realtà teatrali che fanno parte di Così Sarà. Ad accompagnare ed affiancare Deina è ERT, che la sta portando a trasformare l’idea in realtà.
Accanto a Deina infatti, ci sono anche Silvia Rigon, tutor del progetto per ERT e gli attori Elena Natucci e Jacopo Trebbi.
Deina, da dove è nata l’idea?
“Tutto è partito dalla mia passione per lo spazio e per i pianeti. I miei genitori mi hanno detto di questo concorso e una sera mi sono messa a buttare giù idee per uno spettacolo sui temi dell’ecologia e dello spazio. Sono partita dall’idea di due fratelli gemelli che cercano un pianeta migliore su cui vivere perché la terra è troppo inquinata. Volevo far capire che dobbiamo prenderci cura del nostro pianeta perché non possiamo permettercene un altro”
Il progetto prevede, oltre ad uno spettacolo teatrale, anche un evento che coinvolge i bambini e video interviste a persone di diverse età….
“Si, ho pensato ad una sorta di caccia al tesoro in un parco, rivolta ai bambini, per dare premi a chi raccoglie più spazzatura. Inoltre ho iniziato a realizzare una serie di video interviste ad adulti e bambini. Ai bambini chiedo come immaginano il futuro alla luce delle scoperte spaziali, mentre agli adulti quali emozioni hanno provato all’epoca del primo sbarco sulla luna e come si immaginavano il 2000. Ad entrambi invece chiedo come pensano possa essere la terra un domani”
Come hai realizzato queste interviste?
“Le ho realizzate insieme ad un’amica, che mi ha aiutata. Abito in un cohousing in cui vivono 18 famiglie, ci conosciamo tutti e sono molto amica di una mia coetanea. Le riprese le ho fatte con il cellulare e ho già intervistato 7 bambini e 8 adulti”
Cosa ti ha colpito di più delle risposte dei bambini?
“Un bambino ha detto che secondo lui nel futuro saremo tutti già morti. Un altro invece che nel futuro sarebbe scoppiato il sole. A tutti ho chiesto anche se c’è stato qualcosa di bello in questo periodo difficile e un bambino mi ha risposto che è riuscito a parlare di più con la sua mamma, che di solito è sempre fuori per lavoro”
Hai detto che “Se tutti ci prendessimo cura della nostra città come se fosse la nostra casa diventerebbe un posto migliore”. Ce lo spieghi meglio?
“Volevo dire che molte persone si prendono cura della propria casa ma non fanno lo stesso con l’ambiente perché pensano ‘non è mio’. E invece è di tutti, quindi anche loro”
Come stai lavorando insieme a ERT per rendere la tua idea un progetto concreto?
“Ci vediamo una volta alla settimana. Abbiamo lavorato molto allo spettacolo. Gli attori saranno Elena e Jacopo: due fratelli gemelli con genitori separati, uno abita in campagna e uno in città. Abbiamo realizzato anche una carta d’identità dei personaggi. Poi abbiamo organizzato le raccolte a premi per i bambini”
Cosa ti piace fare, quali sono le tue passioni e il tuo sogno?
“Da grande voglio fare l’astronoma o l’arredatrice, ma mi piacciono anche i bambini, ho due sorelle più piccole. Diverse volte sono andata a vedere le stelle all’osservatorio e quando vado in Puglia da mia zia la sera vado sul tetto a guardare le stelle. Anche al mio papà piace molto lo spazio e siamo sempre informati su cosa accade su Marte”
Accanto a Deina è seduta Silvia Rigon, la sua tutor.
Silvia, cosa ti ha colpita di più dell’idea di Deina?
“Il fatto che ci sono varie sfide e che fosse una bambina di 11 anni ad averle proposte e a gestire il progetto. Metterci al suo servizio è un’esperienza nuova e stimolante e apre lo sguardo ad altre attitudini della pratica teatrale permettendoci di imparare in prima persona anche tematiche estremamente attuali. Inoltre la necessità di affrontare il climate change e il suo legame con lo spazio ci fa riflettere su quanto sia impellente”
Come la state affiancando?
“Ci mettiamo al servizio del suo pensiero per renderlo concreto. Trovo molto coerente il progetto di Deina perché inizia con un’azione in un parco che è di trasformazione della realtà, poi c’è una parte di rapporto con la realtà su come è percepita la tematica affrontata, ovvero le video interviste, e la trasposizione nel mondo teatrale e immaginario. Abbiamo ragionato sulle strategie e sulle persone giuste per realizzarlo, dagli attori alla costumista, e valorizzare così al meglio lo spettacolo e l’idea. Per le interviste invece abbiamo trovato chi si occuperà di montarle mentre per l’evento al parco abbiamo pensato alle ricompense e a come organizzarle”
Insieme a noi, seduti attorno ad un grande tavolo, ci sono anche i due attori che porteranno in scena lo spettacolo di Deina: Elena e Jacopo.
Elena, cosa hai scoperto grazie a questa esperienza?
“Ho riscoperto una mia passione. La tesi che ho portato al liceo era su ‘2001 Odissea nello spazio’. Quando ho visto quel film mi sono resa conto di quanto siamo infinitamente piccoli e della meraviglia che può esserci nello spazio. Ora mi è ritornata quella sensazione di infinita meraviglia nello studiare per questo progetto perché mi sono documentata molto su cosa si provi in assenza di gravità, le ripercussioni sul corpo, come ci si forma per diventare astronauti. Ho guardato un’intervista a Samantha Cristoforetti, c’è un mondo e un sacrificio enorme. Lei ha sacrificato la sua vita per il suo sogno e ritrovo molto questo anche nel mestiere di attore. È quella passione che ti porta a sacrificare molte cose anche della vita personale e serve disciplina, determinazione e anche tanta fortuna. Non si può controllare sempre tutto e bisogna affidarsi anche a quello che succede. Il mio personaggio è una ragazza che ha vissuto per dieci anni solo in campagna, è una astronoma ma studia le stelle con i metodi degli antiche greci. Poi si ritrova in città e si sente un pò un aliena. Quindi c’è anche la tematica della diversità, che arriva in modo molto forte”
Jacopo, cosa ti affascina di questo progetto?
“Non mi aspettavo che il progetto si sviluppasse in questo modo e per me è stata una sorpresa. È raro che un teatro nazionale dia un’opportunità di questo tipo, all’interno di un progetto, ad una ragazzina di 11 anni. È il mondo degli adulti che si incontra con il mondo dei bambini in una forma che non capita spesso di vedere sperimentata. Forse appassiona tutti il tema dello spazio e anche io ne sono affascinato. È un progetto destinato a famiglie e ragazzi e non abbiamo la pretesa di portare in scena i massimi sistemi, né le tecnologie, ma l’idea che per risolvere quello che ci è vicino a volte dobbiamo spostare lo sguardo molto lontano. È un modello di pensiero, più che un progetto da realizzare concretamente. Magari su Marte non andremo mai a vivere, ma questa tensione magari ci aiuta di più anche sulla terra. Non avevo mai pensato che il tema dell’ecologia e dello spazio potessero avere connessioni di questo tipo perchè per me il viaggio nello spazio è sempre stato ricerca di un nuovo business e megalomania più che un portare la scienza alla sua massima manifestazione”.
Intervista di Silvia Santachiara